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Confini Personali 

5/18/2016

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La loro importanza nella vita e nella nascita  
di Giuditta Tornetta
 
In questi ultimi mesi ho ricevuto una grande lezione a proposito dei miei confini personali. Ho lavorato molto per creare dei solidi confini tra la mia vita privata ed il lavoro, nella mia attività di doula succede  spesso di voler dare sempre di più, fino ad arrivare al completo sfinimento. Penso  sia la natura di questo lavoro, dopotutto si  tratta di  una neomamma e del  suo  neonato che hanno bisogno di me.  Ma una doula esausta non è di aiuto per nessuno  ed oltretutto si può anche ammalare facilmente se non si prende cura di sé.  Alla parola doula puoi sostituire : mamma, nonna,  moglie, papà, insomma chiunque. Ho scoperto che quando provo a far rispettare i  miei confini oppure  cerco di crearne dei nuovi, a molte persone questa cosa  non piace. Tutti desideriamo amore, apprezzamento ed approvazione e quando scelgo di non implementare i miei limiti vedo che questo spesso suscita negli altri un senso di abbandono che mi porta ad interrogarmi sulle mie scelte.  Tuttavia, quando riesco a rispettarli sono soddisfatta di me stessa e della qualità del mio lavoro e sento che è come un dono per la nuova famiglia. La verità è che se non definiamo i nostri confini e se non chiediamo che vengano rispettatati allora la vita può diventare piuttosto difficile ed anche l’autostima ne soffre.
 
Ma che cosa sono i confini personali?  Ecco una definizione che ho trovato in un dizionario: i  confini  personali sono linee guida, regole o limiti creati da una persona per identificare modelli di comportamento  ragionevoli, sicuri ed ammissibili nelle interazioni sociali e le modalità con le quali reagire se questi limiti vengono superati. Detto così sembra abbastanza semplice, ma lo è davvero?
 
Secondo Nina Brown, autrice di diversi libri sull’argomento , esistono quattro tipi di confini psicologici:
 
Deboli -  Una persona con confini deboli  si fonde con i confini delle altre persone ed è facilmente manipolabile.
Rigidi – Una persona con confini rigidi è chiusa e isolata per evitare contatti fisici ed emotivi con gli altri. Questo è spesso il caso di persone che hanno subito abusi fisici, emotivi, psicologici o sessuali.  I confini rigidi possono essere selettivi in base al tempo, al luogo o alle circostanze e solitamente si creano sulla base di una precedente brutta esperienza avvenuta in una situazione analoga.
Morbidi -  I confini morbidi sono una combinazione di quelli deboli e di quelli rigidi. Permettono un minor contagio emotivo rispetto ai confini deboli, pur non essendo  rigidi. Le persone con confini morbidi sono incerte rispetto a cosa accettare e cosa rifiutare.   
Flessibili – Sono l’ideale. Simili ai confini rigidi di tipo selettivo, ma in questo caso la persona ha maggiore controllo perché decide cosa accettare e cosa rifiutare, resiste al contagio emotivo, alle manipolazioni e difficilmente si lascia sfruttare.
 
“Senza confini psichici,” scrive l’autrice, “saremmo come gocce di inchiostro sparse  in una  pozza d’acqua – facilmente assorbibili dalle definizioni che gli altri creano per noi….Noi abbiamo la libertà di autodefinirci”. [i]
 
Una delle possibili conseguenze di avere dei sani confini flessibili  è che potremmo non piacere più  alle persone o meglio ad alcune persone. Il nostro capo potrebbe licenziarci, il nostro partner non amarci più, i nostri amici smettere di cercarci. Tutto ciò sembra spaventoso, ma lo è altrettanto una vita vissuta come uno zerbino e soprattutto, come madri, dobbiamo insegnare ai nostri figli a creare confini per la loro protezione.
 
Per tastare il polso dei nostri confini  può essere utile fare un veloce inventario di noi stesse e delle nostre vite. Pensate a tutte le cose che avete fatto  perché vi sono state chieste o suggerite da altri, ma che erano contrarie ai vostri principi o ai vostri valori.  Può succedere sia al lavoro che a casa, le persone minano i nostri confini per il loro tornaconto, ma il più delle volte lo fanno inconsciamente e senza malizia. E’ semplicemente il modo in cui hanno vissuto tutta la loro esistenza. Decidendo per gli altri, cercando di salvarli da quella che pensano sia incapacità di prendersi cura di se stessi o di prendere in mano la situazione. Spesso il loro comportamento è rimasto indiscusso così a lungo che hanno dimenticato l’esistenza dei confini altrui. Quindi una mamma che, con le migliori intenzioni, fissa per voi un appuntamento con un dottore “di grande fama” che però scoprite di detestare, si arrabbierà molto se le dite che questo medico proprio non vi piace. Se,  dopo anni in cui avete vissuto con questo schema e per non litigare, decidete semplicemente di mettere a repentaglio i vostri desideri e rimanete con questo dottore per compiacere vostra madre, rinunciate al fondamentale diritto umano di avere quello che meritate e desiderate per voi stesse.
 
 Una volta ho avuto come cliente una donna d’affari molto importante, a capo di una grande azienda  con centinaia di dipendenti che riferivano direttamente a lei.  Prima di assumere un nuovo dipendente controllava meticolosamente tutte le referenze, prima di dare nuove responsabilità ad un candidato lo intervistava in maniera approfondita, e sapeva esattamente cosa dire e cosa fare se qualcuno tentava di usurpare la sua competenza. Se assumeva una persona era importante che questa non solo avesse le qualifiche giuste, ma che riuscisse anche a lavorare bene con tutto il team per arrivare al successo e realizzare un lavoro fatto a dovere. Tuttavia, dopo aver frettolosamente accettato il consiglio di sua madre e scelto un medico per la gravidanza ed il successivo parto, e dopo aver realizzato che non condivideva le modalità di procedere di questo medico, si dimenticò chi era, dimenticò tutto il suo potere ed affidò il suo corpo, la sua gravidanza ed il suo bambino a questa figura che percepiva come una autorità perché, e lo sento dire spesso : “Non mi deve piacere il mio medico, l’importante è che sia un bravo medico” .
 
Ci sono moltissimi dottori bravi e potete sicuramente trovarne uno che vi fa piacere vedere tutti i mesi o tutte le settimane piuttosto che uno con cui vi sentite a disagio o peggio ancora vi intimidisce durante ogni visita. Oltretutto la relazione che avete con il vostro medico verrà percepita dal vostro bambino ed influenzerà la sua nascita.  Sappiamo che il modo in cui si nasce  può influenzare una persona psicologicamente, emotivamente e spiritualmente per  il resto della sua vita. Pensate alla definizione di confini rigidi e notate come questi derivino da un qualche tipo di trauma psicologico. Un parto inconscio o uno in cui un medico agisce in base a opinioni e preferenze personali  può essere una esperienza traumatica per molte donne, ma anche per i babmini.
 
Volete sapere cosa è successo a quella donna potente? Rinunciò al suo potere in favore di sua madre ed nel nome di una cosiddetta  pace.  Disse che lavorava così tanto tutto il giorno  da non avere l’energia di tornare a casa e sentire sua madre lamentarsi perché aveva cambiato medico.  Un modello di vita in cui i confini sono stati ripetutamente calpestati hanno fatto di lei Dr. Jekyll e Mr. Hyde: sicura, professionale e forse rigida al lavoro e morbida a casa.
 
I confini possono essere calpestati anche in maniera più impercettibile. Avete mai notato come le persone negative che si lamentano sempre finiscono spesso per influenzarci  facendoci vedere tutto  solo da un punto di vista negativo? Il nostro modo di pensare può essere condizionato e, attraverso la manipolazione psicologica,  una persona può essere  portata a sviluppare un modello di pensiero negativo, a vedere solo il lato negativo delle cose e ad aspettarsi il peggio invece di mantenere una mente aperta e positiva.   Per esempio, succede spesso che quando mostrate orgogliosamente il vostro pancione diventate  subito un facile bersaglio per amici, parenti e addirittura sconosciuti incontrati al supermercato che improvvisamente cominceranno a raccontarvi tragiche storie sul parto. 
 
Per verificare se avete o meno dei confini personali dovete partire alla scoperta di voi stesse e osservare la consapevolezza con cui agite e prendete le vostre decisioni tutti i giorni. Dovete chiedere a voi stesse perché fate o pensate una certa cosa in un determinate momento. Sembra una cosa piuttosto difficile, ma dopotutto  da qualche parte bisogna pur cominciare per riuscire a crescere, quindi facciamo un piccolo passo alla volta. 
 
Quali sono I vostri confini? Pensate di averne? Quando e come li ponete in atto nella vostra vita di tutti i giorni? Lasciate che vi indichi  alcuni semplici modi con i quali potete verificare quali siano i vostri confini e capire dove si trovino. Questi tre passi e gli esercizi successivi si ispirano ai Nove Diritti Umani Fondamentali che sono descritti molto più dettagliatamente nel mio libro intitolato Painless Childbirth:

  1. INFLUENZE: Riflettete sul modo di agire della vostra famiglia o della vostra comunità; è in conflitto con i vostri desideri o con quello in cui credete? Siete mai state incoraggiate dalla famiglia, dalla comunità o dall’ambiente sociale a modificare il vostro comportamento, il vostro modo di essere o i vostri valori per conformarvi a ciò che loro ritenevano fosse la norma? Esempio: una cliente mi parlò della sua decisione di optare per un parto cesareo programmato.  Mi disse: Il mio primo parto è stato naturale, la mia doula è arrivata mentre ero già in travaglio e con lei ho camminato, fatto movimento, e ho fatto diverse docce. Poi sono caduta nella doccia ed ho battuto la testa piuttosto forte, mio marito e la doula sono arrivati subito in mio soccorso e mi hanno immediatamente riportata a letto. Entrambi sono stati davvero affettuosi e premurosi e continuavano a dirmi quanto erano orgogliosi di me, ma invece io pensavo che fosse tutto una vera follia, non volevo che fosse così, volevo solo che il dolore scomparisse SUBITO. Una volta in macchina e sulla strada per l’ospedale ho cercato di interpretare per mio marito la parte della perfetta moglie che desidera un parto naturale. Il parto  mi ha procurato una lacerazione che è stata poi ricucita senza che mi venisse somministrato nessun antidolorifico. HO ODIATO TUTTO QUANTO. Avevo assunto una doula e fatto tutto questo perché le persone che mi circondavano mi avevano detto che era il modo migliore per avere un bambino, ma non era il modo giusto per me. Adesso voglio programmare un parto cesareo, ma ho paura di quello che gli altri penseranno di me. Anche se forse per motli il parto cesareo non e’ ideale e’ importante per una donna sapere che la propria decisione e’ cio’ che importa. Una nascita naturale odiata e molto peggio che un cesareo per sia la madre che il bambino. Invece di focalizzarci sulla nascita insieme abbiamo deciso di esplorare I suoi sentimenti sui suoi confine personali e su che cosa era successo in quella nasciata e da dove nasceva l’odio della memoria. Abbiamo lavorato insieme usando l’ipnosi per settimane e finalmente la cliente a deciso di avenere un parto naturale non perche’ glielo era imposto ma perche era il suo desiderio.   
 
CHE FARE: La pressione dell’ambiente sociale è qualcosa che tutti abbiamo sperimentato ad un certo punto della nostra vita. Le pressioni possono arrivare dalla comunità, dagli amici ed anche dal partner. Per compiacere o per essere accettate da un gruppo forse abbiamo fatto o continuiamo a fare cose che non sono in linea con i nostri desideri. Riuscire a gestire bene le pressioni dipende molto da come ci sentiamo e dal posto che pensiamo di occupare nel mondo. Pensate che in questo mondo avete diritto di avere ciò che vi spetta e ciò che desiderate? Avete paura che le vostre opinioni, se troppo diverse da quelli che vi circondano, vi conducano all’esclusione e all’isolamento? Primo di tutto è molto importante conoscere ciò di cui abbiamo bisogno. Una volta che abbiamo le idee chiare è solo questione di non permettere agli altri di allontanarci dalle nostre posizioni. Non abbiate mai paura di parlare apertamente e di dire quali sono i vostri confini. All’inizio questo verrà accolto con reazioni diverse, alcune persone cercheranno di non darvi troppa importanza mentre altre si arrabbieranno, ma alla fine vi sorprenderà quanto la maggior parte della gente rispetta i confini altrui una volta che ne conosce l’esistenza.

  1. SENTIMENTI: Pensate alla vostra infanzia e cercate di ricordare i momenti ed I luoghi in cui i vostri sentimenti sono stati ignorati o calpestati. Esempio: una cliente è venuta da me dopo aver programmato un parto vaginale post cesareo ed io le ho domandato cosa aveva sentito durante il suo primo travaglio. Lei mi ha detto, “Indipendentemente da quello che succedeva nella mia vita mia madre mi ha sempre detto come mi dovevo sentire, riesco ancora a sentirla mentre mi dice, “Non c’è bisogno di piangere, non arrabbiarti per una cosa così sciocca, perché non sei felice, dovresti essere riconoscente.” Era come se io non avessi diritto ad avere dei sentimenti tutti miei. Così ho cominciato a rivolgermi a lei per sapere come mi dovevo sentire. Durante il travaglio non mi sono nemmeno resa conto di aver scelto come medico una donna piuttosto risoluta e continuavo a guardarla per capire come avrei dovuto sentirmi. Alla fine lei ha preso tutte le decisioni, ha detto che il mio travaglio stava andando troppo per le lunghe, il mio bambino era sicuramente troppo grosso ed era necessario un cesareo. Sapevo che non era la cosa giusta per me, ero in travaglio da appena dieci ore e mi sentivo bene, ma le ho creduto quando mi ha detto che ormai ero troppo stanca per partorire naturalmente ed era chiaro che volevo che il bambino uscisse al più presto. Così le ho dato ragione ed ho fatto un cesareo, alla nascita il mio bambino pesava 3,5kg ed era perfettamente sano. Lei lo guardò un momento e disse che era un bambino pigro perché si era addormentato anziché attaccarsi subito al seno. Non posso dire di avere un bel ricordo del primo respiro di mio figlio.
 
CHE FARE: Qualche volta le persone non si rendono conto di oltrepassare i vostri confini quando provano a dirvi come vi dovreste  o non vi dovreste sentire. Molte mamme non si rendono proprio conto di farlo, perché pensano di agire per il meglio e nel vostro più completo interesse.  Dipende da noi capire che così potremmo restare intrappolate in un tipico schema in cui sono le altre persone a dirci come ci dobbiamo sentire, invece di deciderlo da sole.  Bisogna uscire da questo schema. Prima di tutto dobbiamo capire come ci sentiamo realmente. Sembra semplice, ma se abbiamo sempre demandato questo compito a qualcun’altro bisogna prima lavorarci un po’.  Incominciamo con esprimere sinceramente i nostri sentimenti anche se sono di confusione o di semplice malessere senza capire bene da dove viene. Al momento giusto, quando qualcosa ci suscita sentimenti spiacevoli, dobbiamo parlare chiaro e dire cosa proviamo veramente. Anche solo un semplice “ahi!” detto nel momento in cui qualcuno ci ferisce può essere un modo di cominciare ad esprimere i nostri sentimenti in maniera non aggressiva. Potete esprimervi in modo sincero ed onesto mantenendo le vostre relazioni e cominciando a conoscere chi vi circonda.

  1. SE STESSI: Pensate a come vi sentite a proposito di voi stesse. Molte persone pensano di non avere il diritto di creare dei confini. La bassa autostima non permette loro di avere una opinione o di prendere una decisione. Di solito si nascondono dietro frasi come, “Tutto quello che decidi per me va bene. Se il dottore pensa sia giusto procedere in questo modo allora dobbiamo dargli retta” e “Non preoccuparti per me perché l’unica cosa importante è che il bambino stia bene”.  Un modo divertente per misurare la vostra autostima è fare il quiz qui sotto in maniera sincera. Rispondete alle domande che seguono con vero o falso:

  1. Gli altri non stanno meglio di me e non sono più fortunate di me
  2. Mi accetto per come sono e sono soddisfatta di me stessa
  3. Mi piace socializzare
  4. Merito amore e rispetto
  5. Mi sento utile e apprezzata
  6. Non ho bisogno che gli altri mi dicano che ho fatto un buon lavoro
  7. Essere me stessa è importante
  8. Faccio amicizia facilmente
  9. So accettare le critiche senza abbattermi  
  10. Ammetto apertamente I miei errori
  11. Non nascondo mai i miei veri sentimenti
  12. Parlo sempre apertamente ed esprimo le mie opinioni
  13. Sono una persona felice e spensierata
  14. Non mi preoccupa che cosa pensano gli altri delle mie opinioni
  15. Non ho bisogno della approvazione degli altri per stare bene
  16. Non mi sento in colpa quando faccio o dico quello che voglio
PUNTEGGIO: ASSEGNATE UN PUNTO ad ogni domanda a cui avete risposto VERO:
15-16 Punti – Hai un livello di autostima molto alto!
12-14 Punti – Non male, ma puoi migliorare
8-11   Punti – La bassa autostima ti tiene a freno
Sotto 8 Punti – La tua autostima è troppo bassa!
 
COSA FARE:  Per costruire la vostra autostima ed il vostro diritto ad avere ciò che meritate e desiderate cominciate dalle piccole cose. Ripensate a tutti i vostri successi e fate una collezione di cimeli che ricordano ciò che avete realizzato in passato e di cui andate fiere ( potete usare le fotografie di un saggio della vostra infanzia, un trofeo vinto a una gara scolastica, il biglietto da visita di un lavoro che vi è piaciuto fare, un bel tema che avete fatto a scuola.  Non ditemi che non vi viene in mente niente… ci deve essere qualcosa, anche la cosa più piccola è importante.) Dopodiché fate  qualcosa che vi riesce subito e bene. Realizzare piccoli successi ci da lo slancio per avere più fiducia nelle nostre capacità. Fate una lista di cose che volete portare a termine giorno per giorno. Ogni attività portata a compimento, non importa quanto piccola, è un mattoncino per costruire una maggiore fiducia in voi stesse. Create dentro di voi l’immagine della persona disinvolta e sicura di sé che aspirate a diventare. Fate qualcosa che vi spaventa, anche se si tratta semplicemente di parlare con degli sconosciuti in fila alla cassa. In questo modo riuscirete a parlare più facilmente con le chiunque in ospedale. Fate qualcosa in cui siete brave. Datevi degli obiettivi, a breve e lunga scadenza. Se oggi il vostro obiettivo è fare il bucato e una passeggiata  e riuscite a realizzarlo, vi sentirete meglio con voi stesse. Attente a non strafare perché c’è il rischio di fallire. INIZIATE DALLE PICCOLE COSE.  
 
Aiutate gli altri. Se aiutate le altre persone a stare meglio e ad apprezzarsi di più, anche voi starete meglio. Scrivete affermazioni positive su di voi e ripetetele, magari davanti a uno specchio, difficile ma molto efficace. Ultimo ma non meno importante: smettete di paragonarvi agli altri. La bassa autostima ha origine dalla sensazione di essere inferiori.
 
Questi sono solo tre piccoli passi per cominciare a costruire confini più forti ed una maggiore autostima. Creare i confini è fondamentale per imparare a comunicare in modo onesto e sincero. Non è possibile costruire un sana relazione con una persona che non ha confini, che non sa comunicare in maniera diretta e onesta: specialmente se quella persona siete voi. Imparare a creare i confini è un passo necessario  per essere in amicizia con noi stesse. Dobbiamo garantirci cure e protezione quando è necessario. E 'impossibile imparare ad amarsi senza conoscere i nostri diritti e doveri come co-creatori della nostra vita. Dobbiamo essere in grado di dire alle altre persone quando i loro comportamenti  non sono tollerabili e dobbiamo, con il nostro esempio,  insegnare ai nostri figli


[i] Brown, Nina W., Coping With Infuriating, Mean, Critical People - The Destructive Narcissistic Pattern 2006.


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Intuizione e il Travaglio

5/16/2016

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La domanda piu’ consueta che le donne in travaglio si chiedono (ed anche i loro partners o le persone che le assistono durante il travaglio) e’ questa: “Quanto ci vuole ancora? A che punto sono?”  Ho visto madri supplicare per un esame interno salvo poi restare atterrite dall’esito (Cosa? ANCORA SOLO 2 cm?) e perdere la propria determinazione. E’ come scoprire di aver fallito una prova importante davanti alle persone che si amano e a perfetti sconosciuti. Tutti sanno che questa sensazione non è positiva per il travaglio – la paura e il dubbio si insinuano e causano tensione nella future mamme. La paura spesso si traduce in un rallentamento dell’efficacia delle contrazioni e un aumento del dolore. 
Fortunatamente ci sono una serie di fattori esterni che possono essere di aiuto nel capire come e quanto sta procedendo il travaglio. Alcuni di questi possono essere meno evidenti, ma se smettete di guardare l’orologio e rimanete focalizzate ed in contatto con il vostro corpo, con la vostra intuizione li noterete. Ascoltate, sentite, con pazienza ma sopratutto con fiducia e vi renderete conto come e’ incredibile quello che il nostro corpo  riesce a fare.

1. Suono.  Il modo in cui vi esprimete cambia da una fase all’altra del travaglio. Durante le prime contrazioni riuscirete a parlare se ci provate, se qualcosa vi sorprende o se siete in disaccordo con qualcuno. Forse il vostro respiro sarà affannato, magari vi muovete e non prestate attenzione a chi vi circonda, ma se davvero lo volete potete sollevare la testa e parlare con un tono normale. Quando la contrazione finisce potete chiacchierare e ridere oppure muovervi tranquillamente. Durante le fasi successive del travaglio, vi sarà molto difficile riuscire a parlare tra una contrazione e l’altra. Sentirete la necessità di riposare e non presterete attenzione a quello che fanno le persone intorno a voi. Quando siete vicine al parto, vi sembrerà di essere arrivate ad un “altro” livello di coscienza – come ad un ritiro spirituale. Potete condividere questo momento con chi vi sta vicino, cercando il contatto visivo oppure chiudere gli occhi e restare concentrate su voi stesse. Tra una contrazione e l’altra rimanete in questo stato d’animo. E’ importante per chi vi è accanto e per chi vi assiste restare in silenzio e rispettare la santità di questi momenti: non è più il tempo di ridere e scherzare ed è meglio parlare il meno possibile. E poi di nuovo un cambiamento nella voce e nel suono: prima avete parlato (lamentandovi, esprimendo il vostro malessere, scherzando, cantando, etc.) oppure siete rimaste in silenzio. Adesso ascoltate voi stesse – sentirete dei suoni gutturali profondi. E’ il momento di cominciare a spingere.

2. Odore. La nascita ha un odore caratteristico che si percepisce vicino al termine della dilatazione, durante le fasi più intese del travaglio, subito prima del parto. E’ un misto fra fieno appena tagliato, umidità e seme. E’ un odore fresco e molto forte.

3. Irrazionalità. Questo segnale mi piace molto – è spesso un sintomo di transizione. Mi fa sorridere e avverto sempre le donne che seguo durante il parto di questo fenomeno in modo che lo possano riconoscere quando si presenta durante il travaglio. Appena dicono qualcosa di irrazionale, sono pronta a farlo notare, così se ne rendono conto. Ma rilassatevi, significa che siete vicine alla fine. A volte una mamma dice che vuole tornare a casa, che ha finito e che magari torna più tardi, vuole vestirsi e andarsene. Una donna che ha chiesto un parto naturale e che ha gestito bene il travaglio, improvvisamente chiede degli antidolorifici, oppure dice che in fondo non desidera un altro figlio. Altre invece dicono semplicemente che sono stanche e vogliono dormire. Se succede questo, è una cosa normale. Le contrazioni potrebbero rallentare se la mamma (e il bambino) si prendono qualche minuto di riposo. Questo a volte può preoccupare i medici e le ostetriche che potrebbero ricorrere all’utilizzo di farmaci per indurre il parto- cercate di dissuaderli e convinceteli ad aspettare una mezz’oretta. Fate uscire tutti e sdraiatevi sul lato sinistro, usando dei cuscini per sostenervi. Fate un riposino prima di cominciare a spingere: sarà una vera benedizione. 

4. Sentire. Questo è una cosa interessante di cui forse non avete mai sentito parlare! Pensate alla forma dell’utero. Prima del travaglio l’utero ha uno spessore muscolare uniforme su tutti i lati. Quando la cervice comincia ad assottigliarsi e a dilatarsi, il muscolo deve andare da qualche parte e si ritira quindi nella parte superiore dell’utero che diventa sempre più spessa mano a mano che la cervice si dilata. Durante una contrazione, all’inizio del travaglio, verificate quante dita riuscite a collocare tra il fondo dell’utero (che si trova in cima alla vostra pancia) e la linea del reggiseno – all’inizio saranno 5 dita. Quando lo spessore del fondo dell’utero comincia ad aumentare, le dita che riuscirete a inserire tra la cima della pancia e la linea del reggiseno saranno sempre meno. Quando le dita diventano 3, di solito è il momento giusto per andare in ospedale perché la dilatazione dovrebbe essere arrivata a 5cm. Quando riuscite a fare passare u solo dito significa che siete completamente dilatate. (Incredibile, vero?)

5. Guardare. C'è una cosa chiamata la 'linea inferiore', che è l'ombra che si estende dall'ano verso la schiena, lungo il solco delle natiche. All’inizio ha una lunghezza di 1 cm, durante la dilatazione si allunga ed arriva a 10 cm, la sua lunghezza è correlata con la dilatazione del collo dell'utero. Perché non darci una occhiata prima di sottoporsi ad un esame interno?

6. Sostanze Appiccicose. Altrimenti conosciute come perdite miste a sangue; di solito si verificano a circa 2-3 cm di dilatazione, può succedere all’inizio del travaglio oppure anche qualche giorno prima. Spesso è difficile da notare perché nei giorni precedenti il travaglio il muco vaginale aumenta notevolmente. Le perdite sono di solito abbastanza consistenti, possono essere chiare oppure striate di sangue scuro o rosso. Se il sangue è presente in quantità maggiore di un paio di cucchiate, allora è consigliabile andare subito in ospedale perché potrebbe essersi verificato un distacco della placenta. Di solito si verifica una SECONDA perdita mista a sangue a circa 8cm di dilatazione che segnala l’avvicinarsi del parto.

7. Apertura del dorso. E’ il punto in cui di solito il vostro partner vi ha  massaggiato, la zona sopra il coccige.  E’ un area più piccola di un palmo, di forma triangolare che sporge  quando è il momento di cominciare a spingere. A questo punto avete davvero aspettato troppo ed è ora di andare in ospedale.
 
8. Esaminatevi da sole. D’accordo, questo è tecnicamente un esame intero, ma siete VOI a farlo. Non dovete comunicare i risultati o scriverli: non è una prova. Secondo me, dal momento che si tratta del vostro corpo, avete più diritti di qualunque altro di esaminarvi e di sapere come funziona. E’ bene sapere dov’è il collo dell’utero e come funziona fin dall’inizio della gravidanza, e controllare periodicamente se tutto è a posto. Se lo fate durante tutta la gestazione manterrete la vostra flessibilità per tutti i 9 mesi. Vi ricordo anche i benefici del massaggio al perineo visto che vi trovate già nella zona!   Quando la dilatazione è di 1cm potete infilare la punta del dito al suo interno. Usate un righello per capire come funziona la dilatazione e la misurazione utilizzando il dite medio e l’indice. IMPORTANTE: Prima di esaminarvi, lavatevi SEMPRE le mani e gli avambracci a fondo, fino ai gomiti e per 4 minuti almeno. Non fate nessun controllo interno da sole dopo che si sono rotte le acque. 

Resources

http://navelgazingmidwife.squarespace.com/navelgazing-midwife-blog/2010/1/20/labor-a-visual-guide.html
​

http://www.scienceandsensibility.org/?p=5547

The purple line.  Shepherd, et al, studied a ‘purple line’ that was reported to rise from the anal margin, extending between the buttocks as labor progressed.  The investigators confirmed a positive correlation between its length and cervical dilation/station of the fetal head.  The Shepherd study confirmed an earlier study with similar findings.  While additional research is needed, anecdotal evidence among traditional midwives shows that this method has long been used to assess labor progress without vaginal exams.

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La forza della Vulnerabilita`

5/12/2016

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Di Giuditta Tornetta

​La vulnerabilità e’ spesso associata alla debolezza e quindi al rischio di essere feriti sia fisicamente che nei sentimenti, ma la vulnerabilità emotiva richiede invece un grande coraggio ed una grande forza. La corazza protettiva costruita durante la  nostra infanzia è spesso la causa di molti problemi nell’età adulta. Più spessa è la corazza e  più ci ritroviamo soli, isolati, e scoraggiati. Non abbiamo fiducia nel modo che ci circonda, e di conseguenza, pieni di segreti, ci rinchiudiamo nelle caverne della nostra solitudine.  Spesso quando affrontiamo una situazione nuova, impegnativa o apparentemente minacciosa, ci chiudiamo inconsciamente in una bolla di autoprotezione.  Ma  è proprio questa autoprotezione  che crea ancora più sofferenza ed isolamento.   Quello che percepiamo come “scudo di sicurezza” invece di proteggerci non lascia a niente e nessuno la possibilita’ di conoscerci ed amarci profondamente.  Una delle sfide più importanti della vita è lasciare cadere le barriere di autodifesa.

Per molti di noi questa corazza è stata necessaria e fondamentale per superare  i dispiaceri e le delusioni della gioventù, ma da adulti è questa stessa corazza che ci separa dalla guarigione, dall’energia positiva, dalla possibilità di accogliere amore e amicizie intime.  Diventare vulnerabile significa lasciare andare ogni resistenza, accogliere tutto ciò che viene come se fosse la prima volta, vivendo in un eterno presente e lasciando andare tutte le aspettative relative al futuro e tutti  i ricordi del passato.
Nel caso della gravidanza e del parto, il travaglio rappresenta il momento di massima vulnerabilità ed abbandonare le resistenze può fare la differenza tra un parto vaginale ed un taglio cesareo, tra una epidurale ed un parto indolore senza anestetici.  Durante la gravidanza vi siete probabilmente sentite più vulnerabili che in qualsiasi altro momento della vostra vita.  Diventare madre è una storia d’amore che dura tutta la vita ed aprirsi e condividere i nostri sentimenti mostrando chi siamo realmente può fare molta paura ma é l’unica via per ottenere l’esperienza desiderata, e per far conoscere il potere della vulnerabilita al vostro bambino.

Vulnerabilita’ ed incertezza sono due caratteristiche condannate dal mondo moderno.
Nel corso degli ultimi due secoli sempre  più donne sono entrate nel mondo del lavoro, regno degli uomini e, trasformandosi in  guerrieri, hanno imparato a combattere per ottenere gli stessi diritti e vincere il gioco del potere.  In questo mondo esprimere emozioni è considerato  poco professionale ed è visto come un segno di debolezza e così le donne hanno imparato a non mostrare sentimenti, a chiudersi, a scegliere o il silenzio oppure ad optare per l’aggressività e la sfida. Hanno imparato ad apparire distaccate, controllate, razionali e sicure.  La vulnerabilità è diventata un difetto e le donne hanno dovuto assumere un ruolo contrario alla loro natura più intima e questo è stato il prezzo da pagare per diventare potenti, indipendenti, sicure di sé e di successo. Sembra più sicuro costruire un muro intorno a noi per impedire agli altri di avvicinarsi, di farci del male, di giudicarci deboli o imprevedibili.

Incapaci di prendere le distanze dal lavoro, ripetiamo i medesimi meccanismi anche a casa. Come donne riusciamo a fare più cose contemporaneamente, ma crediamo anche che nessun’altro possa riuscire a fare lo stesso altrettanto velocemente ed in modo soddisfacente.  Molte pensano che i propri partner non siano in grado di gestire allo stesso tempo il lavoro, il matrimonio, la casa, i figli e quindi assumono il ruolo di superdonne, occupandosi di tutto in prima persona per fare quadrare le cose.  Per questo motivo spesso siamo acide, arrabbiate o condiscendenti con le persone che consideriamo inferiori perché li riteniamo incapaci di gestire le cose anche se glielo lasciassimo fare.  Siamo controllate anche quando cerchiamo di compiacere o di tranquillizzare gli altri perché pensiamo che se lasciassimo trasparire il nostro lato vulnerabile non verrebbe apprezzato, o peggio verrebbe abusato. Siamo spesso sulla difensiva – attaccando, incolpando o correggendo gli altri, per non essere noi al centro dell’attenzione. Ancora una volta la corazza che indossiamo allontana le persone e l’amore.

Nel mondo moderno l’incertezza e l’imprevedibilità sono considerate nemiche del progresso. Sapere cosa succederà in  futuro è estremamente importante. Spendiamo soldi per avere  proiezioni del futuro, calcolo dei rischi e benefici per progetti che devono ancora nascere,  previsioni economiche, politiche, e del tempo. Vogliamo conoscere il futuro per maneggiarlo meglio, ma soprattutto perché abbiamo paura dell’imprevedibile. Tutto ciò che è imprevedibile e incontrollabile è di conseguenza inaccettabile. Ecco perché il numero dei parti cesarei nel mondo sta crescendo come una vera e propria epidemia. Questa filosofia moderna ha costretto molte donne ad abbandonare i propri istinti materni, alcune culture sostengono che scegliere il giorno della nascita secondo il calendario astrologico e quindi via cesareo é più importante della salute di mamma e bambino. Altre hanno convinto le donne che il parto vaginale rovina il corpo e quindi è meglio usare il bisturi.  I ricchi spesso si sentono privilegiati perché possono assumere il primario più famoso, pagare la clinica più esclusiva e scegliere il giorno più conveniente. Si induce il parto con l’oxitocina, si falsificano le sensazioni con l’epidurale ed il bimbo nasce non come Madre Natura intende, ma come detta il progresso.

L’incertezza e l’imprevedibilità del parto naturale fa troppa paura, ci costringe ad essere vulnerabili, sorprese, disarmate. Nel disegno perfetto della natura questa incertezza ci prepara  per il compito di madre nel quale ogni giorno ci troviamo nel dubbio e nella  imprevedibilità, un mondo dove dobbiamo rispondere ai bisogni del neonato e poi del bimbo e del giovane  in maniera istintiva, avendo fiducia nella nostra abilità di sapere cosa fare. Quando una donna ha fiducia nella sua capacità di potere partorire un figlio senza medicinali o interventi chirurgici, quando si affida al corso naturale della nascita e dell’allattamento viene automaticamente preparata ad essere mamma.

Quando diventiamo madri, dobbiamo abbandonare l’archetipo del guerriero ed abbracciare quello della madre arrendendoci alla vulnerabilità, all’incertezza, e alla imprevedibilità.

Nel momento in cui diventate madri  vi unite con Madre Natura che è dentro di voi e questo nuovo percorso richiede coraggio ed una grande forza di carattere. Madre Natura è l’incarnazione del Divino in un corpo femminile che deve agire con integrità pur amando ed allevando. E’ libera dalla rabbia, dal dolore, dalla colpa, dalla paura, dal giudizio, non ha bisogno di cambiare e di incolpare  nessuno perché vede il Divino in ogni essere. Lei ama incondizionatamente, senza aspettative, lascia che le cose vadano come devono andare, incoraggia gli sforzi degli altri e guarda tutti come una madre guarda il suo bambino. Sa che la vita è un mistero che non si può conquistare né capire, ha senso dell’umorismo, è autoironica e comprensiva con le sue idiosincrasie e caratteristiche umane ed abbraccia la sua Divinità, sapendo che il cambiamento è inevitabile e che la felicità è compiere il cammino, non arrivare a destinazione.   E’ sicuramente un compito arduo, non é la perfezione che cerchiamo ma la nostra naturale umanità, ed è quello che dobbiamo sforzarci di diventare, giorno per giorno.
​
La nascita del tuo bambino farà di te un esempio vivente e la tua vulnerabilità sarà il tuo mezzo di trasporto verso una vita vissuta consapevolmente. Un sassolino, piccolo o grande, gettato in acqua crea migliaia di cerchi che raggiungono le sponde del mondo intero. La tua esperienza condivisa con altre donne in tutto il mondo sarà come un sassolino gettato nelle acque dell’umanità che potrà anche rafforzare la determinazione di altre donne di scegliere un parto come natura intende, incerto, imprevedibile, e fortemente vulnerabile.

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CHI E’ IBU ROBIN LIM

5/2/2016

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di Marzia Bisognin
ll Premio Langer 2006 è stato assegnato ad una donna minuta che svolge un lavoro antico, il quale richiede pazienza, spirito d’iniziativa e sensibilità, un lavoro che ormai viene considerato un rudere da soffitta. Ibu Robin Lim è un’ostetrica e lavora a Bali, nell’arcipelago indonesiano.

In Indonesia c’è una medicina di derivazione occidentale in prepotente crescita, privatizzata e costosissima. Per quello che riguarda la nascita, la sua principale arma è quella di insinuare nelle donne sfiducia nelle proprie capacità, nella propria forza. Il parto cesareo e la spinta verso l’allattamento artificiale sono sempre più frequenti, e quello che dovrebbe essere un processo fisiologico sta diventando sempre più simile ad una malattia. 

In Europa e in America è successa una cosa molto simile, qualche decennio fa. Mentre le donne acquisivano importanti diritti in ambito lavorativo, acquisivano il diritto alla contraccezione e il diritto all’aborto, la sfera della nascita veniva sempre più ospedalizzata e le donne sempre più estromesse dalla scena del parto, sia come partorienti (diventando pazienti passive anziché protagoniste attive) sia come assistenti (essendosi svuotata di senso la figura dell’ostetrica, sostituita dal medico). 

Nel mondo globalizzato le donne hanno progressivamente perso la fiducia nel proprio corpo, nella propria capacità di attraversare il dolore delle doglie, nella propria capacità di allattare, nella propria capacità, in definitiva, di diventare madri. Se le tecnologie mediche salvano la vita quando sono necessarie, quando non lo sono offrono solo false scorciatoie, che non fanno che aumentare la sfiducia nelle proprie capacità. Si è sfilacciata la trasmissione di questi saperi di madre in figlia, come se non fosse più quello il luogo, la relazione naturale per tale tipo di apprendimento, delegandolo piuttosto al ginecologo, all’ospedale, alle figure istituzionali. 

La gravidanza, il parto e l’allattamento diventarono, negli stessi anni in cui avveniva questo processo di espropriazione, motivo di riflessione all’interno di gruppi di donne che non si rassegnavano a questo stato di cose, che sperimentarono diversi approcci e che incominciarono a lavorare per, come si disse allora, riprendersi il parto. Oggi esiste una minoranza di donne e uomini che remano contro il cattivo costume, professionisti che cercano di proteggere l’integrità della nascita e Ibu Robin è certamente, tra questi rematori, una figura di particolare pregio.

Si è diplomata negli Stati Uniti e ha vissuto in vari Paesi dei diversi continenti. Dal 1992 vive e lavora a Bali, e negli ultimi due anni ha esteso la sua attività in Aceh, l’isola maggiormente devastata dallo tsunami del 2004, dove ha svolto un efficace lavoro di pronto soccorso sanitario e ostetricia d’emergenza. 
Per molto tempo ha percorso in lungo e in largo l’isola di Bali, raggiungendo l’irragiungibile, offrendo assistenza alle donne in gravidanza, alle partorienti, ai loro bambini. Poi ha fondato un centro stabile che si chiama Bumi Sehat, che possiamo tradurre Terra Madre Felice, Terra Madre Sana, il quale accoglie le persone con una scultura che raffigura una donna accovacciata, bella e forte, nell’atto di dare alla luce un figlio.


  • Si tratta di un consultorio rivolto alle donne, che spesso diventa una clinica per i numerosi famigliari che le donne portano per i loro problemi di salute, ma che è essenzialmente un luogo rivolto alle donne in gravidanza e ai bambini piccoli, dove le donne possono partorire in un ambiente accogliente. Ci sono alcune stanze arredate in modo famigliare e semplice, quelle che noi chiameremmo Casa del Parto. 
    Ama dire che qui le donne povere hanno i parti più belli di tutta Bali, che neanche le cliniche più costose possono offrire, ed è certamente vero. La sua filosofia di lavoro è lavorare per una nascita culturalmente sensitiva , attenta, per un inizio pieno di salute, gentile, che sia il fondamento per una vita felice. 
    “La pace nel mondo può essere costruita cominciando oggi, un bambino alla volta”. Questo è quello che lei sente e dice, cominciamo ora, non domani, con pazienza. Un bambino alla volta, una persona alla volta.

    Nel tempo ha stimolato la crescita di un gruppo di volontari e soprattutto volontarie che vengono da diversi paesi, e dà anche lavoro ad alcune delle madri che frequentano il consultorio. Ha allestito una piccola fabbrica interna in cui manipolano le erbe officinali che coltivano in un Orto Botanico realizzato accanto al Bumi Sehat, e questo è un modo per dare lavoro e accoglienza a donne che magari vivono situazioni difficili, ma che stanno lì attivamente, perché ci sono delle cose da fare, c’è il talco o un medicinale omeopatico da preparare, oppure oggetti artigianali che servono a puerpere e neonati.

    Hanno intervistato i guaritori tradizionali, sono andati a vedere dove le erbe crescono selvatiche, hanno imparato ad usarle, e inoltre svolgono un lavoro di educazione alimentare per combattere la malnutrizione, causa primaria di mortalità infantile, gravidanze difficili e parti con gravi complicazioni.

    In una scuola vicina al Bumi Sehat ha allestito una piccola biblioteca per bambini, la prima a Bali e ora sta organizzando un centro giovanile per ragazzi adolescenti. Come una delle tessitrici che vivono nel cuore dell’isola, le quali si tramandano un’arte a rischio di estinzione, anche Ibu Robin annoda un filo dopo l’altro con grande pazienza, perché ciò che si sta sfilacciando possa divenire un tessuto forte e bello a vedersi, capace di accogliere e reggere il peso che la trasformazione economica e sociale in atto comporta, affinché possa essere un processo di cambiamento anziché di brutale devastazione. 

    Questi fili sono il sapere e l’alleanza femminile, la gestione solidale e comunitaria della salute, il riconoscimento del valore esistenziale e spirituale dell’esperienza della maternità. Dice: “Ogni nascita coinvolge sia il mondo visibile che quello invisibile. E’ un’opportunità per l’invisibile di intervenire brevemente ed essere servito con adeguato rispetto. Dopotutto la venuta al mondo è il momento in cui si apre la porta tra i mondi”.

    Guardando le foto e i filmati che documentano il suo lavoro, si rimane colpiti dalla bellezza delle donne. A volte sono giovani che irradiano gioia, altre volte hanno volti segnati dalla sofferenza, specie le foto dell’Aceh, ma sempre hanno visi e corpi che hanno accolto la trasformazione in divenire, e questo dona loro pienezza e luce. La modernità non prevede più questo cambiamento, per diventare madri non è necessario cambiare, anzi è disdicevole farlo, e più in fretta si torna ad avere il corpo e il dinamismo di prima, meglio è. Dovremmo chiederci qual è il prezzo che le madri, e i figli, e dunque la società, pagano per questo.

    Oggi il parto soffre di disattenzione, di bisogni emotivi disattesi, di estraniazione, e in fondo l’uomo moderno, che di questi parti è figlio, patisce le stesse sofferenze. Le parole di Ibu Robin “cominciamo oggi, un bambino per volta, una persona per volta” indicano che operare per un parto e una nascita sani significa operare per una società sana, con molta pazienza.

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    We are womb loving people making a change one birth, book, and workshop at the time.
    _________________

    Noi siamo le amanti del grembo di donna - Nel nostro grembo non diamo solo alla luce bambini ma anche nuove espressioni di noi stesse come mamme, mogli, amiche, sorelle, e operatrici della luce. Li nel nostro grembo, possiamo mettere qualsiasi seme come quello dell'abbondanza, della fruttuosità, dell'immaginazione, facendo nascere i nostri desideri e sogni nel mondo reale. Annaffiamo tutto con una buon dose di ossitocina creata dal nostro incontro tra donne, amiche, sorelle, e madri. I nostri corsi avvicinano donne da tutto il mondo, la nostra missione e di condividere e accendere l'amore per il grembo di donna e per accomganare le nuove mamme in un percorso di nascita gentile e gioiosa. 

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